martedì 26 novembre 2013

La via stretta - candidatura alla segreteria provinciale di F. Cecchetti

L’Italia, oggi

Il Paese vive una profonda e drammatica crisi economica, culturale e sociale. In questo difficile contesto si inserisce il secondo Congresso nazionale di Sinistra Ecologia Libertà.

Molto pesante è la situazione che riguarda il mondo del lavoro. A pagarne maggiormente le conseguenze sono i giovani. L’Italia è, oggi, il Paese dove la disoccupazione giovanile, secondo gli ultimi dati dell’Istat, ha raggiunto il 40,4%; mai era stata così alta dal 1977. Il dato fa del nostro paese il terzo  in questa triste classifica dell’Eurozona dopo la Grecia e la Spagna. Oltre due milioni sono i cosiddetti “Neet” (Not engaged in Education, Employement and Training), giovani così scoraggiati dalla situazione che non studiano, non cercano più lavoro e non sono nemmeno coinvolti in attività formative. Queste persone non solo non hanno un lavoro, c’è un passaggio ulteriore: hanno perso la speranza di averne uno. La disoccupazione femminile nel Sud è superiore al 50%; complessivamente, secondo un dato dell’OCSE, il 12,5% degli italiani non lavora, una percentuale in costante crescita che ha raggiunto ormai i dati degli anni ’70.

Se questa è la situazione del lavoro, non sorprende che sia tornata in auge una parola che pensavamo, almeno fino a non molto tempo fa, di aver espulso dal nostro vocabolario: povertà. In Italia vivono in condizione di povertà relativa (500 euro mensili) 8 milioni e mezzo di persone, 4 milioni e 800mila in povertà assoluta. Praticamente un italiano su 4 versa in condizioni non dignitose.

Al quadro sociale si aggiunge la costante negazione dei diritti civili. Poche settimane fa, 366 profughi in fuga dalla guerra e della miseria sono annegati a un passo da Lampedusa. Di fronte al naufragio, la politica ha saputo solo piangere lacrime di coccodrillo nei giorni della catastrofe. Niente, poi, è stato fatto. La nostra inadeguatezza legislativa e culturale è beffardamente esemplificata dalle indagini per immigrazione clandestina e favoreggiamento della stessa aperte, rispettivamente, a carico dei superstiti e dei pescatori che li avevano tratti in salvo.

Nei giorni dell’affaire Cancellieri-Ligresti, quasi nessuno si è interrogato sul tema vero che si staglia sullo sfondo di questa vicenda: il sovraffollamento delle carceri, l’inumanità della carcerazione preventiva e le vergognose condizioni di vita dei detenuti. Sono, però, questi i temi che entrano ed escono con grande velocità dall’agenda politica. Oggi, quasi nessuno ha la forza di proporre l’abolizione di due leggi liberticide come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi; con questi due semplici atti, oltre ad un passo avanti per la tutela dei diritti umani nel nostro paese, la situazione delle carceri tornerebbe rapidamente sostenibile.

Per quanto riguarda il mondo dell'istruzione e della ricerca, i dati ci consegnano un panorama desolante frutto di venti anni di politiche miopi e tagli draconiani, che stanno già configurando un'espulsione di massa dall'università di studenti, ricercatori, docenti. In questo contesto, il rimpinguamento del Fondo di Finanziamento Ordinario che si trova nella legge di stabilità risulta largamente insufficiente rispetto ai bisogni dell'università italiana. Purtroppo, nella stessa legge, troviamo anche il rifinanziamento con 220 milioni di euro delle scuole paritarie: per noi un provvedimento inaccettabile e dannoso per il futuro della scuola pubblica. Inoltre, la contrattazione del pubblico impiego sarà ferma fino a tutto il 2014 e il blocco del turnover sarà prorogato fino al 2018.

L'unica economia che non conosce recessione nella crisi è quella delle ecomafie: parliamo, secondo l’annuale rapporto di Legambiente, di un giro d'affari di 16,7 miliardi di euro che riguardano sia il ciclo illegale del cemento che quello dei rifiuti. Se è vero che il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia), anche la nostra Toscana è salita al sesto posto. Emblematica in questo senso la terribile vicenda dell’interramento dei rifiuti tossici nelle “Terre dei Fuochi” venuta fuori in queste ultime settimane con il desecretamento dei verbali del pentito della Camorra Carmine Schiavone.

L'italia è poi il paese in cui si è dovuta coniare la parola “femminicidio” per rappresentare un atavico conflitto nella nostra società patriarcale, quello del dominio maschile che si vede minacciato dalla libertà e dall'autodeterminazione della donna. Ecco perché la questione non può essere derubricata come un problema di sicurezza, ma va affrontata come un nodo centrale della nostra vita associata, che chiama in causa alla radice la nostra idea di piena democrazia. E va combattuta investendo in formazione e in cultura, mettendo in discussione i nostri stessi processi cognitivi e la nostra educazione sentimentale, aggredendo nel profondo i tanti stereotipi della modernità di cui, spesso, anche noi siamo vittime.

La fase, le larghe Intese

In questo quadro, il governo delle larghe intese appare una risposta fortemente inadeguata rispetto alle esigenze di cambiamento radicale che sarebbero necessarie nella fase attuale.

Dopo mesi di sterile discussione intorno alla decadenza o meno di Silvio Berlusconi, l’unico provvedimento rilevante portato a compimento è stato l’abolizione dell’Imu anche per i ricchi. Un’evidente vittoria politica del Pdl e del suo blocco sociale di riferimento che su questo tema ha scelto, vincendo, di giocare una propria battaglia elettorale e populista.

Anche la legge di stabilità, di cui stiamo ancora discutendo, pare essere caratterizzata da alcuni provvedimenti cardine totalmente inadeguati a far fronte alla crisi economica in atto; anzi rischierebbero proprio di aggravarla. Poca cosa, infatti, sarebbero i 14 euro in più nella busta paga dei lavoratori; dannosa risulterebbe la reiterata politica di tagli dei trasferimenti agli enti locali e alle Regioni (con ricadute molto gravi soprattutto sulla sanità); vessatoria la famigerata Trise (Tassa sui rifiuti e sui servizi) o forse Tuc (Tributo Unico Comunale). Questi provvedimenti se stabilizzano qualcosa, stabilizzano la crisi del Paese.

Il punto di partenza della nostra analisi deve essere, a mio avviso, la sconfitta del centrosinistra e, di conseguenza, la sconfitta di Sel che su quella alleanza di governo aveva scommesso a partire dalla piattaforma Italia Bene Comune e dalle primarie per la scelta del candidato premier. Una sconfitta che si è manifestata alle elezioni politiche di febbraio, con i 101 franchi tiratori per l’elezione di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica e con la formazione del governo Letta. La sconfitta, però, era maturata già in precedenza con il sostegno del principale partito del centrosinistra al governo di Mario Monti, con una campagna elettorale tutta tattica e politicismo che guardava a Monti e, più in generale, con l’immagine di un centrosinistra sommatoria di ceti politici già ampiamente sconfitti. Mancava l’anima, mancavano i giovani, mancavano i movimenti e le associazioni; mancavano i protagonisti delle vittorie alle amministrative e ai referendum della primavera 2011, mancava l’invasione di campo di coloro che erano stati i protagonisti di queste vittorie.

Sinistra Ecologia Libertà

La parola d’ordine del primo Congresso di Sinistra Ecologia Libertà, nel 2010, era “riaprire la partita”. Probabilmente, in qualche modo, Sel era pure riuscita a farlo, almeno fino alla nascita del governo tecnico. Poi la partita è stata persa perché chi doveva giocarla non è sceso in campo.

E dunque: che fare? può essere Sinistra Ecologia Libertà un soggetto politico utile nella fase attuale?

La via è, evidentemente, stretta.
Due strade davanti a noi potrebbero sembrare semplici da percorrere. Una si configura come l’adesione a un riformismo senza riforme, che non riforma nulla: sarebbe l’appiattimento su una realtà considerata ormai come non modificabile. La parola chiave per chi usa questo approccio è responsabilità. L’altra si presenta come l’antagonismo sterile, minoritario e residuale di chi si limita alla denuncia, di chi non pone il governo dei processi come necessario  sbocco della propria azione politica. Entrambe hanno il difetto di non concorrere alla trasformazione dello scenario attuale.

La nostra via, invece, è più stretta e, di conseguenza, più difficile da percorrere. E’ più difficile perché il centrosinistra è oggi un campo interamente da ricostruire. Molte forze lavorano perché questo non avvenga. Ci vogliono molti sforzi per mettere un mattoncino in questa direzione e basta poco per gettare tutto al vento. Il nostro partito deve riuscire a mantenere ferma la barra sui contenuti che ci contraddistinguono: dalle politiche del lavoro all’ambiente, dal reddito minimo garantito agli investimenti sulla formazione passando per il rafforzamento di un nuovo welfare, la pace e la realizzazione dei diritti civili. Più in generale, dobbiamo provare ad avere quella che Carlo Emilio Gadda chiamava “cognizione del dolore”.

Sel deve, al tempo stesso, mantenere la speranza di portare questi temi dentro un campo più largo del nostro perché quello, e solo quello, può essere il luogo dove si può innescare cambiamento. Un luogo, sociale e politico, dove si può avere la possibilità di incidere sulla vita delle persone. Il nostro orizzonte, per dirla con Mario Tronti, deve essere “l’estremo possibile”. E nel campo largo non devono trovare spazio solamente i partiti. Il Partito Democratico, Sel e altre forze del centrosinistra da sole non bastano. Lo abbiamo, nostro malgrado, già sperimentato alle ultime elezioni politiche. Anzi, di più, le forze politiche hanno senso solamente se sapranno intrecciare la loro azione con le istanze del popolo che il 12 ottobre è sceso in piazza con Landini e Rodotà a difesa della Costituzione, con le proposte della campagna “Miseria Ladra” promossa da Libera e con le parole d’ordine dello sciopero generale confederale del 14 novembre.

Per fare questo è necessario un rafforzamento del nostro partito a tutti i livelli, a partire da un forte rilancio della sua proposta politica e della sua autonomia.
Il partito che vorrei è un partito inclusivo, aperto e rinnovato nelle forme e nella partecipazione. Un partito che investa sul tesseramento, sull’organizzazione e sul radicamento nei territori ma che, contemporaneamente, sia pronto a sperimentare incontri, collaborazioni e “rimescolamenti” con le forze della società civile che incontreremo sui temi del cambiamento.

I prossimi mesi: dall’Europa a Pisa

Mentre nuove elezioni politiche paiono allontanarsi, si prefigura all’orizzonte l’appuntamento delle elezioni europee.

Le elezioni europee più che in passato assumono oggi centralità. E’ sempre più l’Europa, infatti, il luogo dove si prendono le decisioni che toccano la carne viva delle persone. E l’Europa di questi anni non ci piace. Al Fiscal Compact, alle politiche di austerità e all’imperativo del pareggio di bilancio della cosiddetta Troika (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Unione Europea) contrapponiamo un Social Compact basato su un New Green Deal, su politiche fiscali condivise, sulla tassazione delle rendite finanziarie, sulla riconversione ecologica dell’economia, su politiche di occupazione e reddito per tutti, sull’estensione dei diritti e sul welfare universalistico. La nostra prospettiva deve essere la costruzione di un‘Europa dei popoli, cosmopolita e federalista, che inizi ad assomigliare all’Utopia di cui parlava Altiero Spinelli nel suo Manifesto di Ventotene.

Con l’ambizione di ridisegnare la nuova Europa, Sel ha scelto di provare a giocare la sua partita nel campo largo. La nostra collocazione sarà, infatti, nel socialismo europeo, il luogo da cui, in raccordo con le culture critiche rappresentate dalla sinistra europea e dagli ecologisti, si può puntare a quello che Nichi Vendola, nel documento congressuale  “La strada giusta”, ha definito un “nuovo processo costituente dell’Europa che inizia da una revisione dei trattati e dalla costruzione dell’Europa politica”. Il nostro candidato a Presidente della Commissione Europea sarà l’attuale Presidente del Parlamento Europeo, il tedesco Martin Schulz. Le parole d’ordine con cui ha iniziato l’avvicinamento alle elezioni - meno austerità e più solidarietà, lotta alla disoccupazione giovanile e redistribuzione  della ricchezza - sono per noi particolarmente significative soprattutto perché hanno il merito di porsi in radicale alternativa rispetto a quelle dei sostenitori dell’ineluttabilità delle larghe intese in Italia e della Grosse Koalition in Germania.

Nella prossima primavera saremo anche impegnati nelle elezioni amministrative.

Nel nostro territorio provinciale voteremo in importanti comuni: San Giuliano Terme, Pontedera, Ponsacco, Calcinaia, Montopoli, Castelfranco di Sotto, Santa Croce Sull’Arno, San Miniato e Volterra solo per citare i più popolosi. Questo voto assume un particolare rilievo in un momento storico in cui le amministrazioni comunali, strette dai vincoli del Patto di Stabilità e dai continui tagli del Governo, faticano a garantire ai cittadini i servizi fondamentali.

Pur in una fase così difficile, il nostro obbiettivo deve essere la costruzione di coalizioni di centrosinistra che pongano al centro determinate discriminanti programmatiche. Ecco alcuni assi di intervento per noi fondamentali: rafforzamento dei servizi socio-educativi, tutela e manutenzione del territorio; qualità dell’ambiente considerato come volano di sviluppo locale; difesa del lavoro buono; taglio dei costi alle società partecipate; rafforzamento del trasporto pubblico locale; mobilità sostenibile; implementazione dei luoghi di aggregazione; più cultura e più sport accessibili a tutti. Per garantire l’erogazione dei servizi e le politiche volte alla tutela e all’inclusione dei più deboli appare ineludibile, ancora di più al tempo della crisi, il tema del reperimento delle risorse. In una fase così difficile, infatti, i costi devono ricadere su chi ha di più sia a livello di reddito che a livello di beni immobili in modo da salvaguardare il principio di uguaglianza e giustizia sociale.

Dai Comuni può anche ripartire, un po’ come fu nella primavera del 2011 per Milano e Cagliari, la costruzione di un centrosinistra che possa aspirare a cambiare il Paese.

Nichi Vendola nel documento congressuale ha scritto che il centrosinistra è oggi un campo da ricostruire. Questa è, semplicemente, la sfida di Sinistra Ecologia Libertà per gli anni a venire.

Io spero di poter dare un piccolo contributo in questa direzione. La via è stretta, è vero,  ma penso meriti provare a percorrerla insieme.

Francesco Cecchetti

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